sabato 27 luglio 2013

MAL DI MARE

Mare e vacanza sono la stessa cosa.
Non c'è vacanza senza mare e non c'è mare senza vacanza. Anche se pare, si mormora, che ci sia gente che al mare ci vive, e che non è sempre in vacanza.


Sono cresciuta sentendo dire che ai bambini il mare non solo fa bene, ma che lo devono fare. Il più a lungo possibile. E così ogni estate cerco di portarli al mare. Il più a lungo possibile. Il più consecutivamente possibile.


Ogni anno parto sicura che l'aria saprà di salsedine e di mirto. Ovunque io vada.
Che sentirò la pelle tirare a sera, per il sole e per il sale. Ogni anno sono sicura che sentirò svanire le voci della spiaggia pian piano, abbioccamdomi in un caldo dopopranzo. Che ci saranno aperitivi e tramonti che si spengono nel mare.


Che sarò lievemente tramortita tutto il giorno, molle indolente, e che la sera, fresca e stellata sarà tutta da scoprire.
E invece mi ritrovo, ogni anno di più, stanca e tramortita. Ma davvero.


Con mal di testa che non mi mollano e fiato corto sin dalla mattina. E la colpa non è dei bambini, che non ci fosse Patapà non vedrebbero neanche il mare. Sono io che sono una vecchia carretta. È a me che il mare piace, ma che, devo ammetterlo, non fa per niente bene.


E così ho passato le vacanze al Lido all'ombra di un capanno, molto chic per la verità.
Le vacanze in Liguria più a casa che in spiaggia, e per fortuna che avevo Patagnoma che mi spalleggiava e
preferiva la piscina gonfiabile, gonfiata da
me, tutta. Cioè la preferiva fino a che non ci ha fatto la cacca dentro, tre volte. Ora preferisce la doccia.


Tra due giorni, ostinata e continua, cambierò ancora mare e me ne andrò a Santa Marinella. Roma. Dove è previsto un picco di caldo. Geniale direi.



domenica 21 luglio 2013

UNDICI

Ecco, sono undici. Cioè abbiamo superato la decina.
Son traguardi importanti. Sono passati dieci anni, e un po' mi sembra ieri che eri morbido burro biondo tra le mie braccia e un po' mi sembra che una vita senza di te sia solo un ricordo lontano, magari di qualcun'altra, di una bimba bionda con le gambe che almeno si doravano un po' e i capelli che si scolorivano nel mare.


È giunto il momento di regalarti lo stereo, di lasciarti festeggiare solo in pizzeria, con gli amici, la sera.


È giunto il momento di far la coda al Libraccio per prenderti i libri di scuola. Per un momento ho pensato pure fosse giunto il momento di comprarti la Smemoranda, ma forse è giunto il momento che il diario te lo scelga da solo.
È giunto il momento di iniziare a guardare le tue spalle magre e un pochino ossute, che allontanandosi a tratti da me cominciano ad andarsene in giro da sole.
È forse il momento più difficile per me, più difficile di quando mi svegliavi dieci volte per notte. Disgraziato. 


Ma per fortuna mi ti butti ancora addosso, con le braccia che sempre più lunghe inizi a non sapere più dove mettere.
E anche se il più delle volte grido perché mi fai male tu continua amore mio. Almeno per i prossimi undici anni. Poi, forse, possiamo ritrattare. Forse.
Auguri cucciolo. 

martedì 9 luglio 2013

I FIGLI CRESCONO, LE MAMME IMBIANCANO



Quando ci siamo trasferiti nella Patacasa, i Patasgnaffi erano due.
Arrivavamo da una grande casa con un lungo corridoio. I muri arancioni rincorrevano quelli verdi e si scontravano con quelli gialli.
Patasgurzo vi aveva vissuto da solo, anche se non era la sua prima casa. La sua stanza aveva un angolo sul tramonto e un letto con il soppalco turchese.
Quando è arrivata Patasgnaffa, minuscola, si è accampata nella stanza più piccola, ombrosa e con un tavolo rosa.
Però allora erano giovani ed incoscienti, ed il loro amore era ancora intatto e nuovo.
Quindi amavano dormire insieme. Lo facevano solo nel fine settimana, quando le risate protratte non avrebbero segnato eccessivamente i nostri occhi.
Patasgurzo andava nella camera della piccola, lei nel suo alto lettino viola scintillante di brillantini e lui su una brandina accanto.
E così nella Patacasa abbiamo deciso di farli dormire insieme, una stanza per dormire, e una per giocare.
E l'inizio è stato bello. Pieno di entusiasmo come tutti gli inizi. Il più delle volte li ritrovavi avvinghiati nello stesso letto, le coperte accartocciate e i piedi intrecciati.
Ma ormai era tanto che non succedeva più. 







Patasgrzo soprattutto era alla continua ricerca di uno spazio tutto suo, e faticava a dividere la stanza con una giovane principessa chiacchierona.
Lei dal canto suo, forse traviata da modelli più standard, finiva per trasferire tutti i giochi nella stanza da letto, imponendo infiniti traslochi serali.
Era quindi giunto il momento di dividerli; approfittando del fatto che fossero in vacanza con NonnaFi, mi sono armata di pennelli e muscoli, e gli ho fatto una stanza per uno.
Proprio come un regalo. Di fine anno, o di compleanno. Possono scegliere come vogliono.






E' stato difficile partire per una settimana a lavoro finito ed aspettare di vedere che faccia avrebbero fatto...ma ne è valsa davvero la pena. 
Ho due figli divisi e molto più felici!


sabato 6 luglio 2013

#PATALIDO

All'inizio ci andavo sopra un passeggino bianco e blu a righe. La mattina era sempre presto, e vedevamo la bandiera salire silenziosa su San Marco.


Il passeggino lo spingeva la nonna, i ricci capelli neri raccolti in una crocchia alta e morbida, la pelle scura e il rossetto rosso. Piccola e perfetta, in un abitino in viscosa colorato, sulle immancabili zeppe di sughero.


A casa lasciavamo il nonno. O forse anche lui era già uscito. Alto, magro biondo e pallido. La maglietta marrone stretta, i pantaloni cachi e le scarpe di tela.


Partiva da casa con il suo cavalletto, i suoi fogli e gli acquarelli, e si perdeva tra le calli. Il professore.


Il passeggino veniva caricato sulla motonave e poi spinto fino alla spiaggia. Capanne a righe bianche e verdi e chilometri di sabbia..


Anche il cielo era affollato, aquiloni, aereoplanini, elicotteri e ogni tanto qualche paracadutista. O è uno scherzo della memoria?


Le ore in acqua, da giugno fino a settembre, quando in spiaggia c'eravamo solo noi e i tedeschi.


Poi l'accappatoio rosso e un bicchiere di latte caldo. Sempre, immancabilmente.
E poi indietro verso Venezia, il passeggino messo via, le gambe allungate e il prendisole blu a piccoli fiori bianchi.


Così avanti e in dietro, casa spiaggia, spiaggia casa. Su per le scale sempre fresche, con l'odore dei canali.


Nel salotto con il pavimento in pendenza da farci scivolar le biglie, lo studio del nonno e i suoi colori ad olio, la camera della nonna con le violette sull'armadio.
Così per otto anni, non molto, ma allora quasi una vita.


E così i patasgnaffi li ho voluto portare al Lido e nonostante io non stessi per niente bene è stato proprio bello.