Eccomi qui, con il finale del nostro viaggio in Portogallo, a praticamente due settimane di distanza. Ma in fondo questa reiterazione è stata un modo per prolungare il viaggio, anche se ora vi chiedo uno sforzo di memoria.
Dunque, se ben ricordate, mentre noi eravamo stesi in spiaggia accarezzati dal fresco vento dell'oceano, gran parte di voi, sullo stivale, boccheggiavate attanagliata da una caldazza improvvisa.
Noi eravamo fuggiti, ma la caldazza è stalker inside e quindi ha fatto di tutto per raggiungerci, gettando in uno sconfortato stupore i portoghesi che alla caldazza caldazza pare non ci siano abituati.
Ma noi siamo più furbi di una qualunque situazione metereologica, e se il primo giorno ci eravamo chiusi in un acquario, il secondo, e pare il peggiore, ce ne siamo andati a Sintra, dove ci era stato detto vigesse un particolare fresco microclima.
Mai dichiarazione fu sì vera. Appena scesi dall'autobus che aveva fatto un giro assurdo per portarci a 16 km di distanza in soli 40 minuti, spegnendo a un certo punto il climatizzatore, credevamo che qualcuno avesse acceso l'aria condizionata. Fuori. Sotto un cielo blu carta da zucchero, che era così bello che dello zucchero aveva persino l'odore.
La prima cosa che abbiamo visto sono state case color pastello e un fruttivendolo in cui se non fosse un filo lontano andrei a farci la spesa tutti giorni. Anche perché vende delle albicocche che, signore mie, se sono buone. Così buone che sanno di succo di frutta.
Poi ci siamo spostati e passo dopo passo siamo entrati nel paese delle fiabe. Una lunga e morbida strada che sale, tra parchi verdi e lussureggianti, in cui placide riposano ville che definire maestose toglierebbe loro parte della magia che le pervade. Nulla di brutto, nulla di fuori posto. Le fate si nascondevano, ma neanche tanto bene, tra le verdi foglie.
Il paese in cima è probabilmente troppo turistico, ma per una volta ho fatto finta di niente.
Abbiamo passeggiato, magiato, passeggiato, mangiato un gelato, passeggiato, addirittura fatto shopping, e come al solito non abbiamo visitato nulla.
Ma ci siamo innamorati, e questo forse basta.
Il rientro è stato un tantino più drammatico. Ci siamo fatti fregare l'autobus da una frotta di gitanti, e abbiamo aspettato davanti alla stazione quello successivo per più di un'ora. La noia si è dileguata nel constatare che tutti e tre i bambini hanno saputo riempire i minuti, aspettando con un sorriso.
L'autobus che ci ha riportato a casa seguiva un percorso ancor più contorto di quello dell'andata. Scendeva giù dalla collina, immergendoci nella fitta nebbia che per contratto deve proteggere il cammino che porta a un paese delle fiabe, allungandosi per i paesini della costa e spingendosi là dove l'Europa si allunga con più slancio verso l'altro continente. Qui la maledetta frotta di gitanti che già ci aveva fregato in precedenza, ha reso abbastanza invivibili gli ultimi interminabili chilometri, mentre i bambini, sempre più verdi, cadevano a turno addormentati. La situazione a un certo punto era così insostenibile che Patapà ha deciso di scendere e di fare l'ultimo tratto a piedi. Borse, bambine grandi addormentate sul passeggino, bambine piccole addormentate in braccio alla mamma, ragazzi pallidi come cenci....la carovana della speranza!
Per fortuna la sera ci aspettava una cena persiana dagli amici portoghesi per finta che era veramente troppi anni che aspettavamo. Una sera piacevolmente calda, un po' agrodolce perché l'ultima. Credo sia quella che chiamano saudade.
Il giorno dopo abbiamo fatto, che ovviamente vuol dire hanno fatto, l'ultimo bagno, e poi via per l'aereoporto, dove ci siamo stati un filino troppo, a parer mio. La vacanza si è conclusa con un ritardo di più tre ore di un volo che già doveva partire alle nove di sera. Anche qui i bambini si sono rivelati campioni di attesa, e la cosa si è risolta senza morti né feriti. Per onor di cronaca vi informo anche che è stata identificata la responsabile del ritardo. Media altezza, bionda, giovane e carina. Affiancata da un giovane alto, probabilmente molto innamorato. Anche troppo. Al punto da averle regalato un bouquet che lei ha stretto per tutta l'attesa. Dovete sapere che giorno mia nonna mi disse che i fiori in aereo portano sfortuna. Poi venne un altro giorno, che invero furono tre, in cui aspettai un aereo in un piccolissimo aeroporto per un tempo interminabile. Insieme a me una comitiva diretta a un matrimonio, un tot di persone e un enorme mazzo di fiori. Non volo tanto, lo sapete, ne ho un terrore folle, ma a questo punto mi sento di dirvi che se vedete qualcuno con un mazzo di fiori aspettare a fianco a voi, secondo me, siete autorizzati a buttarglieli nella pattumiere. E magari dargli fuoco.
Alle tre siamo finalmente atterrati e al canto del primo uccello del mattino ci siamo addormentati