giovedì 26 dicembre 2013

NATALE, CON CALMA

Anche quest'anno ci sono cascata. Presa da sacro fuoco e dal terrore di rimanere indietro ho cominciato a fare i regali ai primi di Dicembre. Che poi forse per qualcuno è pure tardi, ma io così mi sento già virtuosissima, come cominciare a pianificare le vacanze a fine Aprile. Il problema è che poi dal 7 in poi non è che mi chiudo in casa, manca sempre qualcosina, c'è sempre qualche commissione da fare e trovi sempre qualcos'altro di carino.


E poi ci sono i regali autoprodotti. Ogni anno mi riprometto di cominciare a Gennaio, ogni anno mi riduco a cominciare si e no ai primi di Dicembre. Comincia allora una corsa sfinente, di serate in cui odio l'orologio e vado a letto davvero tardi. Per davvero troppo tempo.
Il risultato di tutto ciò sono una enorme stanchezza e una quantità imbarazzante di regali. Che vanno pure impacchettati. In quello però sono diventata più brava, compro e incarto. Anzi compro, tolgo dalla scatola smadonnando contro i produttori di giocattoli (quest'anno ho dovuto pure comprare un cacciavite apposta per tirare fuori un gioco dalla confezione) e incarto. In qualcosa dovrò pure migliorare.


Le settimane, 1-2-3-4 che qualcuno ha anche letto come 1.234 chiedendo spiegazioni, bruciano così veloci e l'ansia sale.


Sì perché io a Natale arrivo ansiosa e trepidante, non per i regali che potrei ricevere, ma per quelli che faccio. Un'eccitazione parossistica che scema di botto nel momento in cui la carta regalo viene appallottolata. Uno stress insomma.


Il giorno di Natale poi è sempre stato una corsa, in cui il tempo viene misurato, e i chilometri mangiati via. Ma quest'anno ho avuto il coraggio di dire basta, e anche se le persone che non ho visto mi sono mancate è stato un Natale perfetto.


Con i pacchetti scartati con calma, in più tappe, giusto per digerirli un po'. Con la casa improvvisamente silenziosa, i grandi a giocare, la piccola a dormire. Con un gioco in scatola giocato da tutti...beh, più o meno. Con un film tutti stretti sul divano a cenare con pop corn e finocchi. Con i bambini caricati a molla ma che alla fine, molto alla fine, sono andati a dormire. Con la pioggia che batte forte sul tetto e il computer sulle gambe.
Con un momento trovato anche per farvi tanti, ma tanti, auguri.


sabato 21 dicembre 2013

SCAMPATA STRAGE DI RENNE

E' iniziato a fine Novembre, le maestre che ti chiedono di dare un mano con i lavoretti di Natale. Pochissimo il tempo per elaborare un progetto ma al volo nascono quattro renne. Al volo vengono reclutate tre cavie, che rivelano abili mani e la cosa sembra facile, agile e snella. Anche Patagnoma riesce a fare la sua.
Già le amo queste renne.


Poi i pomeriggi a scuola, i bambini alla spicciolata quattro o cinque per volta, le mani  un po' meno abili, le risate e gli allegri pasticci a rallentare i lavoro, perfettamente imperfetto. E così anche qualche mattina viene trascorsa a scuola. Per respirare i ritmi e scorgere i volti che ogni giorno accompagnano la giornata di Patasgnaffa. Alla fine un privilegio.
Ma le classi sono tre, quasi sessanta renne, e a questo punto le amo un pochino di meno.
Ah, certo, aiutiamo anche le vecchie maestre di Patasgurzo con i lavoretti, e come dire di no. E quasi metà scuola mi chiama maestra. Che ridere.


I giorni di scuola sono ormai agli sgoccioli e alle renne viene data la libertà. Un'amica (sì, dico a te), ottenebrata dal freddo pensa che potrebbero essere dei segnaposti carini per la tavola di Natale e così viene organizzato un pomeriggio di puro sfruttamento minorile.


Ma all'ultimo non ce la fai, un'altra renna e potresti fare una strage. A Babbo Natale poi toccherebbe andare in giro in ferrari (perché è rossa ovviamente).
Ripieghi quindi su paffuti alberelli di cotone.


Sopravvivere al Natale è una disciplina olimpica!

lunedì 9 dicembre 2013

LA GROTTA DI BABBO NATALE

Più di otto persone per me sono una folla. Non sono mai stata una fanatica delle feste, preferisco le cene tra amici.
Per questo non sono mai stata neanche un' amante delle gite. Troppa gente da mettere insieme, passi da coordinare, ritmi che raramente si accordano perfettamente.
Per questo quando mi hanno detto che saremmo andati in gita con l'asilo nido mi è preso un colpo. Per andare alla Grotta di Babbo Natale poi. Patagnoma scoppia a piangere solo a sentirlo nominare, odia gli spettacoli e tutto ciò che esce dall'ordinario. Anche una sedia fuori posto le crea degli scompensi; poverina, è proprio capitata nella casa giusta.
Però ci sarebbero stati anche bambini più grandi e Patasgnaffa non vedeva l'ora di andarci. E il fatto di perdere un giorno di scuola era solo un bonus in più.
Però era un' occasione per conoscere le altre mamme dell'asilo.
Però non posso mica sempre essere la solita rompiballe.
E quindi ho detto sì.
Patapà ha scosso energicamente la testa per i due giorni precedenti e Nonnamì si è offerta di andare al mio posto. E non solo perché non sto ancora bene ( sì, i 40 anni pare che non mi donino molto, sono ormai un catorcio ambulante, quando ambulo), ma anche perché mi conoscono bene.
Ma quando non sono rompiballe sono incredibilmente testarda, mi sono messa in testa che una mamma perfetta le bambine le avrebbe portate a vedere Babbo Natale, e non posso mica sempre vestire i panni della mamma degenere, ogni tanto vanno lavati.
E quindi venerdì  mattina alle otto esco imprecando di casa, inferocita come solo si può essere con il mal di testa, la gastrite e una scoppiettante sindrome premestruale.
Salgo su un pullman gremito di gente tutta allegra, e me ne sono sto a fissare il finestrino con Patagnoma che mi saltella con gli scarponcini sulle cosce e Patasgnaffa che langue per il maldipullman e perché non è riuscita a sedersi accanto a nessuna amica.
Quando poi l'autista chiede la strada a noi passeggeri cerco il freno d'emergenza.
Ma infine arriviamo a Ornavasso, perché è facile, basta andare dritti. E il paese è bello. Riprova del fatto che se la sponda lombarda invidia la sponda Piemontese del Lago Maggiore, forse qualche ragione ce l'ha.
Scediamo dal pullman, l'aria è fredda, e veniamo circondati da elfi cocainomani vestiti di marrone (ma no, almeno i colori canonici del Natale dai!) che sostengono di chiamarsi Twergi, contenti loro, e sono indignati che noi non lo sappiamo.
Inutile dire che il mio umore è in continua picchiata e che Patagnoma odia i Twergi.
Lentamente ci incamminiamo verso il fantomatico Polar Express che ci dovrebbe portare vicino alla grotta. Sono le 10 del mattino e la visita al vecchio ciccione con la barba è fissata per le 17. Cerco subito gli orari del treno prima che scompaia il campo.
Il Polar Express non è un trenino su rotaie ma uno di quei trenini finti che ti portano a spasso nei paesini al mare. Perfetto.
Però c'è un cantastorie simpatico con l'organetto e le scarpe rosse con scritto sopra DX e SX. Un' anima gemella la riconosci subito e parte il primo sorriso della mattina.


Il trenino ci porta a un santuario in cui ci sono un trapezio e un nastro appesi, senza nessuno ad usarli,  penso al circo di Patasgnaffa, a cui quest'anno non siamo riuscite ad andare, e sorrido ancora.
Peccato ci sia anche un orribile uomo travestito da gatto con una lunga spada. A pensarci a posteriori forse era il Gatto con Gli Stivali, noto aiutante di Babbo Natale, ma al momento non razionalizzo più di tanto perché Patagnoma, e chi se no, ricomincia a piangere disperata e a tremare come una foglia. E allora via di corsa, a salire più in alto verso la fantomatica grotta.
C'è un sentiero impraticabile dai passeggini (geniale no?) altrimenti si può  andare su per i tornanti della strada asfaltata. Perfetto, ancora. E ho pure perso il gruppo.
Salendo però incontro due mamme dell'asilo e arranchiamo in compagnia. Sorrido.


Giunte in alto ci sono dei Twergi che truccano i bambini, piattini cinesi e palline colorate. Patagnoma non ha  più paura perché quei Twergi abbracciano Patasgnaffa, fanno sorridere la mamma e le dicono che è cresciuta (non la mamma, ovvio). Infatti non sono Twergi cocainomani e qualunque. Sono Twergi pacati e sorridenti, sono gli insegnanti della scuola di circo. Beh, qui parte un sorriso palese e protratto.
Intanto con la cosa dell'occhio vedo le due mamme con cui sono arrancata su per la strada, salire su un furgoncino bianco e mi  fiondo a chiedere dove stiano andando. Al ristorante, più in alto. Bene , veniamo anche noi. Alla guida del furgoncino una donna con il berretto di babbo natale, allegra e affettuosa. Sì l'ho vista per cinque minuti, ma era così. E quindi sorrido.
Poi un pranzo tranquillo anche se con più bambini, e piccoli, che mamme. Poche chiacchiere ma un' atmosfera tranquilla e rilassata. E allora decido di mollare la rabbia e di sorridere per il resto della giornata. Certo anche di prendere il treno e tornare prima a casa, perché comunque restare nel bosco fino alle cinque di un seppur assolato giorno di dicembre non mi sembra cosa ragionevole. Quanto meno per me, che ho anche una cena alle sette. E non è che passi molte serate fuori.
Uscite dal ristorante, un prato con chiazze di neve, comode per sedercisi sopra, parola di Patagnoma, e una fontana con il mestolo per bere l'acqua ghiacciata. Meraviglia e sorrisi.


Tornati giù alla grotta ancora chiacchere con Twergi circensi e un mago che sicuramente era magico davvero, o quanto meno era simpatico.


Piccole renne e un vento sempre più sferzante. Bambine chiudete gli occhi e mettete il cappello.




Intanto una telefonata di Nonnamì, che risoluta e mamma fino al midollo decide di venirci a prendere.
Allora cominciamo a scendere nuovamente verso valle. facciamo una sosta al santuario perché Patasgnaffa è stata autorizzata ad usare gli attrezzi aerei. Ma il luogo è strettamente presidiato dal temibile uomo gatto e ci diamo alla fuga.
Ancora il trenino e una breve passeggiata, fuori dal percorso prestabilito per le vie del paesino. Chiacchere e dita passate velocemente su nasino di Patasgnaffa che è la cosa più vellutata che esiste al mondo.
Un piccolo presepe in una chiesetta gelida e un cero acceso con un desiderio espresso. Perché in fondo si fa così no?
Poi lo zucchero filato, che vola via come neve dal macchinario e noi afferriamo al volo ridendo.
Il tempo di impiastricciarsi le dita, la faccia ed anche i capelli, di fare una partita a 1-2-3 FAI UNA FACCIA (arrabbiata, felice, triste...) inventato da Patasgnaffa e NonnaMì è già lì.


Il tempo di chiudere le portiere e le bambine dormono già.
Il sole che tinge le nuvole di rosa, le montagne innevate che guardano un lago mosso dal vento. Un' aria tersa e profumata ancora di zucchero filato.
Il gruppo l'ho perso subito, ho socializzato pochissimo, anche se quel poco è stato piacevole, non ho visto Babbo Natale, ma ho passato una giornata come non avrei mai fatto.
All' aria aperta, con le mie bambine, serene e felici anche prima che decidessi di esserlo anch'io.
Ed è per questo che sono stata molto contenta di aver deciso di essere testarda e non rompiballe (sì un po' sì, ma abbiate pietà), e che ringrazio quella pazza di Silvia di avermi trascinato in un posto dove da sola non sarei mai andata.
E dove non tornerò mai più, sia ben chiaro.



venerdì 22 novembre 2013

ERA MEGLIO FARE UNA TORTA


Settimana scorsa Patagnoma è stata malata, una febbriciattola non abbastanza forte da stenderla, quindi abbiamo dovuto trovare un'alternativa ai puzzle perché sono troppo frustranti. Per me perché lei li finisce più in fretta.
La notte precedente l'avevamo passata in gran parte sul divano a guardare la televisione perché dormire con la febbre in questa casa non pare essere di moda.
In realtà io guardavo la televisione cercando di non addormentarmi, lei guardava video su youtube, via via sempre più improbabili.
Quello più visto è stato uno in cui una mano pelosa mescolava via via ingredienti diversi fino ad ottenere una pasta modellabile.


Inutile dire che la mattina non abbiamo potuto esimerci dall'emulare la mano.
Ho cercato una ricetta che comprendesse gli ingredienti che avevo in casa. Ovviamente non l'ho trovata e così mi sono ritrovata mescolare ingredienti "voglio ma non posso".
La farina ce l'avevo. Bene. Il sale pure, anche se ho dato fondo alla scorta. Il cremor tartaro non ce l'avevo, l'avevo finito facendo dolci. Incredibile già che un ingrediente così strano sia transitato nella mia cucina. Quindi l'ho sostituito con bicarbonato e un pizzico di lievito, perché se fosse stata una torta avrei fatto così. Avevo anche l'olio, e non l'ho neanche usato tutto.
Coloranti alimentari ne avevo a paccate, perché le frivolezze qui non mancano mai.



E così abbiamo versato, mescolato, strizzato ed impastato per un tempo incredibilmente lungo fino ad ottenere quattro panetti di una pasta morbida e colorata.
Patagnoma ha subito mischiato tutti i colori creando un serpentone multicolor che sembrava finito sotto a un Tir, poi si è stufata ed è andata a leggersi un libro.
Io, assolutamente in maniera non spontanea, ho dato vita a Barbalalla. Non avevo finito di metterle i fiori tra i capelli (capelli?) che peggio di un soufflè, si è sgonfiata, trasformandosi in una sorta di bignè verde.




Inutile dire che l'esperimento non è riuscito, inutile dire che, essendo una ricetta fallimentare, non potevo esimermi dal divulgarla. Ho una fama da difendere.




mercoledì 6 novembre 2013

POLVERE SOTTO IL TAPPETO

Ottobre è finito, e devo dire che non posso che esserne felice. E' stato un mese orribile perché sono stata molto male.


Non ho intenzione di ammorbarvi con particolari e dettagli, anche se come una vecchia in ciabatte che rincorre il postino per avere nuove orecchie che la ascoltino, sarei molto tentata. Chissà perché gli avvenimenti dolorosi ci sembrano mille volte più interessanti da narrare di quelli felici. Chissà perché le mamme si soffermano sui dettagli raccapriccianti di un parto, e meno sulle capriole che fa il cuore al suo primo sorriso.


Vi dirò che ho passato momenti bui, freddi e duri, attanagliata da un dolore che reclamava tutto per se.
Gli attimi in cui la mente riusciva a fuggire erano pochi, pochissimi, ma sapete dove andava?


All'Ikea a comprare un tappeto. Eh sì, uno grande grande, possibilmente bianco e nero. Perché anche se quando qualcuno di molto autorevole, già molto tempo, fa mi aveva detto che il nero sarebbe stato il nuovo bianco, io avevo pensato che mai, io mai, avrei potuto cedere all'assenza di colori.


Però nella vita ho imparato che la cosa più stupida da fare è dire mai, e comunque ieri ho fatto una risonanza magnetica alla testa per cercare di spiegare questa strana pulsione.
E così settimana scorsa, nonostante sarebbe stato più saggio me ne restassi tranquilla a casa, proprio non ho resistito e all'Ikea ci sono andata lo stesso. Pare si chiami TRS (terapia di recupero svedese), e mi sono comprata un grande tappeto bianco e nero.


A quel punto ho dovuto comprare anche delle tende bianche e nere, perché se no lui si sarebbe sentito drammaticamente solo. E non voglio vedere musi lunghi in casa mia!
Certo, le tende bianco e nere sono rimaste ben poco, ma almeno ci ho provato. Non è colpa mia, è che sono state subdolamente attaccate da pennarelli e pezzi di stoffa mentre ero distratta.


Oggi Patagnoma, al posto di mettere via un puzzle lo ha infilato pezzo per pezzo sotto al tappeto, come faccio io per le pulizie al volo. Sì, faccio anche certe nefandezze.
La stessa cosa voglio fare di questi miei tristi giorni di ottobre, li voglio coprire con un grande e bel tappeto nuovo. in modo da camminarci e ballarci sopra nei mesi successivi, tanto da ridurli in minuscoli granelli di polvere che dispersi nell'aria voleranno via.
Ecco.



venerdì 25 ottobre 2013

LO ZIO ANDREA

Lo Zioandrea è un collega di patapà. Come molti altri un anno fa era dovuto andare via, ma prima di quest'estate è tornato. E visto che lui e Patapà sono pappa e ciccia, gli abbiamo offerto la possibilità di vivere in una casetta che abbiamo in fondo al giardino.
Un colpo basso per la verità, perché la casetta era piena di cianfrusaglie, ma lui meticolosamente l' ha svuotata. Ora abbiamo il garage che scoppia, ma prima che venga una di quelle trasmissioni sull'accumulo compulsivo a filmarmi, giuro di sistemarlo.
Un colpo basso perché la casetta era molto carina, con il sofitto, ma senza cucina. Tu ci potevi dormire dentro, ma sistemando il pavimento. Tu ci potevi fare pipì, ma di certo la doccia non lì.
Ma lo Zioandrea, pezzo dopo pezzo la sta sistemando.
Ora c'è uno sgargiante pavimento blu, che sta benissimo con la cartadaparati. La cartadaparati l'avevo messa io quando la casetta era ancora una specie di sgabuzzino, perché è assodato che soffro di qualche strana malattia che mi spinge a decorare qualsiasi cosa. Ho anche appeso dei quadri in garage, per dire.


Il bagnetto è sempre un po' sgarruppato, ma ora ti ci puoi fare la doccia.
Tra poco ci sarà una cucina, mancano solo i fornelli, e soprattutto ci sono i caloriferi, perché, anche se lo Zioandrea fa il duro, qui d'inverno fa piuttosto freschino.
E quindi la patafamiglia, da qualche mese si è allargata, e ora seduti a tavola quasi sempre siamo in sei.


Quando lo Zioandrea non c'è i bambini si preoccupano. Ogni tanto si accorgono anche se mancano il papà o la mamma.

la foto è di repertorio, non ho ristretto Patagnoma con un lavaggio a 90° e non ho ancora fatto le decorazioni di Natale.
Non sono così matta.

Lo Zioandrea è molto carino, gli vogliamo bene per tante ragioni, ma soprattutto colma un sacco di lacune che ho nei confronti di Patapà.
Innanzitutto come il capofamiglia (siamo sicuri?) ama il vino. Insieme sono diventati sommelier e le bottiglie a tavola vengono stappate con più entusiasmo. A me non è che il vino non piaccia, ma un po' mi fa venire mal di testa (e ci mancano gli aiuti in quel senso), e un po' mi piace bere ignorante.
Poi ama il cibo e cucinare, tanto quanto Patapà. Passano le ore a pianificare menù, sfogliando libri di ricette, anche senza foto. Io sfoglio solo quelli assolutamente glamour e cucino solo se costretta.


Accompagna Patapà in sauna che a me scompare la pressione solo a nominarla. E prima lo porta a correre. Io non corro neanche se sto perdendo il treno. Sì anche adesso che corrono tutti.
Domani lo Zioandrea ha deciso di inaugurare la casa, cosa che io non avrei mai fatto, perché non è ancora finita, ma si sa che gli uomini sono gente strana.
Era giunto quindi il momento di presentarvelo. Lo Zioandrea.




sabato 5 ottobre 2013

MA I LAMA MANGIANO LE MELE?

In una domenica piovosa potresti sprofondare in un morbido divano a mangiare patatine, oppure lasciarti convincere da due strani individui franco-italiani, colorati, succosi e simpatici, a passare una giornata in fattoria per scoprire che:
Le mele crescono sugli alberi, fatti da corteccia, rami, foglie e gemme. Per guardarli si possono usare gli occhi, ma con la lente di ingrandimento è molto più divertente. E se si è molto bravi si vince un ferro di cavallo, che bisogna lasciare sporco, sì anche se c'è della cacca, ed appendere a testa in su. Però si può dipingere. La mamma commossa ringrazia.




Le mele sono rosse, verdi e gialle. Sembrano delle belle palle ma non lo sono, quindi non tirarle che si ammaccano subito. Le mele ammaccate però fanno una bella fine. Vengono messe in un grande catino, lavate per benino, poi frullate e centrifugate. Quel che ne uscirà sarà un succo così magico che se per caso hai il mal di gola di sicuro ti passerà nel giro di tre sorsi.




I lama si portano al guinzaglio, come dei cani. Ti sputano addosso, è vero, ma solo se sei un lama, quindi, in linea di massima non c'è problema.


Anche se il cielo è grigio, stare fuori è sempre bello, anche se le patatine sono buone non scordiamoci che in fondo sono patate. Si trovano nell'orto, scavando appena la terra, e sono buonissime anche bollite con un filo d'olio. L'olio è fatto con le olive. Crescono sugli alberi, si raccolgono in autunno, e vengono spremute per ottenere l'olio. Tutto quello che mangiamo, anche il più raffinato, tiene in memoria le sue origini naturali, ricordiamocelo, e cerchiamo di fare un passo indietro. E' buonissimo.



Anche la compagnia, non solo le mele, era ottima eh!

giovedì 26 settembre 2013

UN PO' DI GAS

Metti che la settimana sia cominciata male, che Patagnoma si sia ammalata e ti abbia sprofondato nel divano insieme a lei. A lei avvinghiata hai passato interminabili ore diurne, e infinite ore notturne. Come un enorme bicchiere d'acqua, liscia e pure un po' caldiccia.
E a me l'acqua liscia non piace per niente, anzi, di più, neanche mi disseta. Forse lei un giorno mi spiegherà perché...probabilmente mi dirà che sono solo pazza.
Ma oggi la febbre finalmente era scesa e il sole imperterrito bussava alla finestra.
E così io e Patagnoma siamo andate a prendere un po' di fiori per regalare ancora un po' di colore a un giardino eccessivamente verde.


PFFSS, GAS, e l'acqua era già un po' più frizzante.
Visto che eravamo in giro siamo andate a comprare la pizza, quella al trancio che a Patapà non piace, ma noi siamo di palato meno difficile.
PFFSS, GAS
Ormai era l'ora giusta e siamo riuscite ad andare a prendere Patasgnaffa a scuola, e a invitare a pranzo anche un'amichetta.
PFFSS, GAS
Mentre scaldavo la pizza e le piccole apparecchiavano eccola puntuale, la richiesta di cocacola.
Ecco, io sono una strenua sostenitrice della #malaeducation, ma su alcune cose sono piuttosto bacchettona, e le bevande dolcissime e gasate non le compro mai, con grande disappunto più degli amici dei miei figli che dei miei figli stessi, che probabilmente sono rassegnati.
Però sta volta era arrivato il nuovo SodaStream, con un vasto assortimento di sciroppi per ricreare a casa le più svariate bibite....ragazze a voi la scelta!
PFFSS, GAS



A sorpresa hanno scelto la gazzosa...cosa che ha rievocato in me un sacco di ricordi, ma qui ci vuole un post a parte. E se la sono pure fatte da sole, perfetto.
PFFSS, GAS




Poi Patagnoma, finalmente di nuovo in possesso delle sue capacità respiratorie ha deciso che poteva dormire anche senza usare il mio corpo come materasso, e quindi ho potuto piantare a caso i fiori che ho comprato la mattina e che non vedranno un nuovo autunno. Una mia specialità.
PFFSS, GAS


Le bambine intanto hanno devastato la camera da letto, il salotto e riempito di brillantini la cucina. Saremo glitterati fino al prossimo autunno. Noi sì.
PFFSS, GAS


Zappetta di là, incasina di qua, è giu
nta l'ora della merenda. E niente, avevo promesso la cola.....
PFFSS, GAS



Poi si è svegliata Patagnoma e le bambine si sono messe a fare i compiti, quindi il livello di gas della giornata si è improvvisamente fermato. Ma rispetto ai giorni precedendi è stata una vera meraviglia!


POSPOSTILLALUNGACOMEUNPOST
Questo è un post sponsorizzato, inutile negarlo. Mi capita raramente di farne, anche perché raramente me lo chiedono, e di questo non mi lamento certo. Però a SodaStream non potevo e non volevo certo dire di no, perché è un prodotto che conosco bene e che amo di più.
E' entrato nelle nostre vite ormai tre anni fa e non saprei farne a meno. Come ho detto le bollicine mi piacciono. Tanto, così tanto da non essere dissetata senza. In famiglia sono l'unica appassionata. Patapà è indifferente, Patasgurzo aborre, Patasgnaffa e Patagnoma dipende dai giorni.
Nonostante questo, la quantità di bottiglie che consumavamo era imbarazzante. E la colpa era solo delle bollicine, perché l'acqua del rubinetto a noi va benissimo.
Non siamo ecologisti spinti, facciamo la spesa in fattoria e in una bottega che si chiama "gli Sballati" più per la qualità che per il minor impatto ambientale.
Uso la coppetta, ma perché mi ha cambiato la vita, ma non sono mai riuscita ad usare i pannolini lavabili per nessuno dei miei bambini.
Però se penso alla quantità di rifiuti che produciamo mi manca sempre il fiato. Mi viene anche in mente, immancabilmente, anche Andie MacDowell in Sesso Bugie e Video Tape. Di quel film non mi ricordo nulla se non che lei era ossessionata dai rifiuti e che c'era James Spader, fighissimo.
Qiundi sono contenta di riuscire a tagliare almeno sulle bottiglie d'acqua, e con SodaStream è facile. Anzi, il nuovo modello, molto più bello di quello che avevo già, è così facile che lo possono fare anche i bambini!