giovedì 31 gennaio 2013

#LIBERERICETTE: LA TENTAZIONE DI JANSSON



Oggi è il giorno in cui tutto il cielo profumerà. E' il giorno in cui ricette, leggere come scritte su ali di farfalla, si libereranno e dai fornelli, infilandosi su per le tastiere, si poseranno su nuove tavole.
Ho pensato a lungo una ricetta che significasse qualcosa per me, e per quello che è il blog. Uno spaccato della nostra vita come famiglia. Ma in questa vita meravigliosa, tra le altre fortune, ho avuto quella di appendere il grembiule al chiodo, perchè normalmente cucina Patapà. Io mi diletto in dolci, e solo quando ne ho voglia, o allestisco pranzi d'emergenza quando lui non c'è o le rare volte che non ha voglia di cucinare.
Potevo quindi propinarvi la ricetta dei muffins, una delle poche cose che faccio regolarmente, soprattutto quando ci sono gli amici di Patasgurzo, che spazzolano via tutto con la grazia e l'ingordigia delle cavallette. Oppure potevo darvi la ricetta delle cotolette alla milanese, che da sempre è il mio piatto preferito, una delle poche cose che ancora mi competono in cucina...ma su dai, chi di noi non le sa fare?
Poi mi è venuto in mente un momento, uno dei tanti, che compongono l'inizio di tutto, perchè anche l'inizio non parte mai a un solo punto, ma sono tanti piccoli puntini uniti insieme a dargli la spinta.
Un momento magico, in cui, noi e i nostri amici, lenti ma inesorabili ci si stava spingendo verso l'età adulta, quella definitiva, quella che comporta una casa, un lavoro, matrimoni e pance che lentamente lievitano.
E la mia pancia, la mia prima indimenticabile pancia,  cominciò a lievitare in unisono con quella di Anna. 
Svedese, italiana per amore, forte, dolce, risoluta con una risata pronta sempre a metterti in riga e a posto con il mondo.
Non sempre, ma talvolta le pance portano anche a un matrimonio, e Nico ed Anna ci fecero il piacere di tracinarci a festeggiare il loro in una primaverile e soprendentemente assolata Stoccolma.
Cerimonia in chiesa, celebrata da un Pastore tedesco (la battuta migliore degli ultimi anni...vedete un po' come sono messa....), aperitivo in canonica, e cena in un circolo nautico dal sapore retro' sul porto della città.


E poi le danze, inevitabilmente accompagnate da fiumi di alcool e il calo fisiologico, anche per quelli non dotati di pancia (e quindi più ubriachi) che verso mezzanotte rischiavano di infiacchire la festa. Ed ecco che dalle cucine arrivarono delle teglie profumate e dorate, che vennero svuotate nel giro di un istante, e le danze ripresero pervase da nuova energia.
Il loro contenuto rimase impresso indelebile nella memoria, per bontà ed efficacia. 
Negli anni abbiamo rifatto più volte la Tentazione di Jansson, perfetta per dare vigore a serate stanche ma anche per mattutini brunch.
Le due pance hanno sfornato due meravigliosi bambini, e loro a furia di patate e acciughe sono diventati ormai dei quasi ragazzi che con i loro continui mutamenti, mi lasciano incantata, nostalgica e un poco spaventata.



La tentazione di Jansoon
(versione patasgnaffa)

Ci vogliono mezzo chilo di patate, che sarebbe cosa buona e giusta lasciare in ammollo in acqua fredda, perchè rimangano morbide durante la cottura. Bisognerebbe tagliarle a fiammifero, ma io non sono capace e anche quelle fritte le faccio a tocchetti.
Bisogna tagliare una cipolla e farla andare in padella insieme a un po' di burro.
In una teglia imburrata si comincia con uno strato di patate, uno di cipolle, uno di acciughe, e poi di nuovo uno di patate. Si inonda il tutto con 2 dl di panna liquida, una bella spolverata di pangrattato, sale e fiocchetti di burro e via in forno per un oretta circa.
Perfetta da ubriachi, ma deliziosa anche da sobri!

 "Le storie sono per chi le ascolta, le ricette per chi le mangia.Questa ricetta la regalo a chi legge. Non è di mia proprietà, è solo parte della mia quotidianità: per questo la lascio liberamente andare per il web"

domenica 27 gennaio 2013

IL VESTITO DELLA FESTA

Settimana scorsa, ancora acciaccata dal l'influenza mi sono abbandonata alla viziosa perversione della televisione al pomeriggio e mi sono rivista una puntata della Casa nella Prateria.
Poi con i bambini ho guardato Piccole Donne, appurando con piacere che non capissero perché una volta le donne non potessero fare tutto quello che facevano gli uomini.
Argomenti frivoli a parte, mi sono ricordata di quanto mi piacessero quei vestiti, con le maniche a sbuffo, i grembiuli, le rouches, i calzettoni pesanti e gli stivaletti stretti alle caviglie.
E mi sono ricordata di uno dei pochissimi vestiti che mi sono rimasti da quando ero piccola.
Un signor vestito, fatto su misura da una sarta, in occasione del matrimonio di una mia cugina.
Mi ricordo le prove con la mamma, lei si stava facendo cucire un tailleur. Un modello tipo Chanel, di lana spessa e con bottoni dorati. Lo avrebbe indossato poi con una camicetta di seta azzurra e si sarebbe infilata delle scarpe con la vernice in punta e i tacchi altissimi e sottilissimi.
La mattina del matrimonio siamo poi andate insieme dal parrucchiere e i suoi capelli in quel periodo erano quasi rossi.
Trattamento completo, anche la manicure. Uno smalto rosa perlato che non potevo fare a meno di guardare.
E così l'ho tirato fuori e l'ho infilato a una raggiante Parasgnaffa.











L'occasione era speciale, oggi era il compleanno di Nonnami, anche se non lo deve sapere nessuno. E l'intento era farla sentire più giovane di trent'anni, almeno per un secondo, o forse di più, in fondo i suoi capelli sono tornati ad essere rossi.
Il mio unico regalo, a parte una testa trofeo che ultimamente mi diverto a fare. Per lei una pecora nera perché mi ha insegnato che essere fuori dal coro è spesso una virtù e che una buona dose di follia rende la vita più interessante.





Buon compleanno mamma.



lunedì 21 gennaio 2013

CRUMBLE

Avevo tre mele, tristi e grinzosette, perché me le ero dimenticate in un cesto.
Avevo dei mirtilli, ma in soli due giorni di frigorifero iniziavano a essere già molto provati. Non so se prendermela con il frigorifero o con il supermercato. Facciamo con tutti e due, così mi levo il pensiero.
Avevo delle meringhe, ma dovevo liberarmene urgentemente. Qualche mese fa infatti mi ero comprata una bella ciotola in vetro che vuota però piangeva in continuazione. Piena di meringhe invece era molto felice, e se ne stava lì, sul mobile giallo ai piedi delle scale in attesa che una mia mano si allungasse furtiva prima di intraprendere la salita...che tanto avrebbe bruciato la meringa in un batter d'occhio. Finché anche Patagnoma non si è appassionata alla cosa, e le passioni di una quasi duenne sono spesso incontenibili.
Avevo anche pochissima voglia di cucinare, ma avevo voglia di un dolce che appagasse il palato e riempisse di fragranza un'uggiosa domenica.
E quindi ho fatto un crumble.



Ho affettato le tre mele, felici di esser state ricordate, le ho spruzzate con un po' di limone e le ho passate in padella con un po' di burro. Solo gli ultimi istanti ho aggiunto anche i mirtilli superstiti.
Intanto ho frullato brevemente insieme 180 gr di farina, 120 gr di burro a tocchetti e 120 gr di zucchero. Ho usato quello muscovado che amo alla follia, con quel retrogusto di liquirizia e i piccoli cristalli zuccherini nascosti qua e là.
Al composto, briciolone grossolane ma non per questo meno apprezzabili, ho aggiunto le meringhe sbriciolate.
In una teglia imburrata ho messo la frutta e sopra i bricioloni. Tutto in forno per mezz'ora.
La casa si è profumata; Patasgurzo e Patagnoma se ne sono mangiati due piatti; Patasgnaffa si è rifiutata, trovando più regale una crostata; io me ne sono mangiata un po' insieme a dello yogurt greco e Patapà si è attaccato direttamente alla teglia.



Se non esce un po' di sole questo diventerà un blog di cucina!

venerdì 18 gennaio 2013

LACRIME LETTERARIE

A Natale insieme a doni vari, piccolo e timido è arrivato anche un sottile libretto.
Qualche giorno dopo distrattamente l'ho preso in mano e ho incominciato a sfogliarlo...per fortuna ero sola.
Nella prima pagina una mamma bacia le ditina del suo bebè, contandole una ad una. Anche io l'ho fatto. Quelle mani dalle lunghe dita, un po' arrossate e con le unghie sottili ed imperfette.
E poi pagina dopo pagina, il bebè che è una bambina cresce. Vede la neve per la prima volta, cammina, dà la mano alla mamma. I capelli si allungano e così le gambe. E si allunga la distanza tra quelle dieci perfette dita dalla mano della mamma, che diventa anche nonna.
E poi alla fine è solo un ricordo e una foto sul davanzale.
E niente, ho pianto, ma in fondo al Natale ci arrivo sempre un po' stressata.
Ieri mi sono fatta coraggio e l'ho letto a Patasgnaffa, ma anche questa volta, più pagine giravo, più il groppone mi saliva su per la gola. E anche questa volta, sotto gli occhi perplessi della mia bambina, ho pianto.
Non sono una dalla lacrima facile, sarà forse che avevo l'influenza?

Un giorno
di Peter H. Reynolds, Alison McGhee
Ape junior




domenica 13 gennaio 2013

PASTA REALE

La minestrina.
Patasgurzo la sopporta a stento, ma Patasgnaffa e Patagnoma se la mangerebbero anche in punto di morte, o per merenda.
Anche ai patagenitori non dispiace affatto e così pentoloni di brodo vengono fatti fuori a cadenza settimanale.
Possono galleggiarci dentro ravioli, ma più facilmente pastina. La più quotata sono le stelline, che ho sempre amato sin da piccola. Non mangiavo quasi niente ma la "minestrina che scivola" la finivo sempre, anche se nonnaMi si ostinava a metterci dentro i quadrottini.
Ogni tanto però mi faceva la pasta reale, dei piccoli bignè che si inzuppavano di brodo, ma che potevi rubare anche asciutti. A volte li faceva lei, a volte li comprava, busta trasparente con rigona rossa e scritta gialla.
Il tempo fuori è grigio e freddo, il brodo è pronto e a me è venuta voglia di pasta reale. Ho girato inutilmente un paio di supermercati ma niente, mi è toccata farla in casa!



Ho preso tre bicchieri d'acqua e li ho messi in un pentolino insieme a 50 gr di burro e a un po' di sale. Quando l'intruglio ha cominciato a bollire ci ho buttato dentro sei cucchiai di farina. Tutti insieme, perché la ricetta prevedeva così. Poi diceva di mescolare per dieci minuti, evitando di formare grumi...ora io ho mescolato per sette o otto, il tempo necessario per eliminare quelli che, prevedibilmente, si erano formati da subito. E mescolare tale intruglio è un attività di tutto rispetto, sappiatelo...somiglia molto alla malta con cui i barbapapa si costruiscono la loro casa. La prossima volta ci provo anch'io.
Poi per fortuna bisogna lasciar raffreddare, così ci si riposa un po'. Poi si incorporano due uova, una per volta. Io ho aggiunto un cucchiaino di lievito, per averla bella gonfiotta.
Tasca da pasticcere, piccole palline su teglia e via in forno per 20 minuti.
Io ho versato il brodo caldo nei piatti e ognuno poi si è servito di palline e parmigiano.

Ovvio che una tale pietanza richieda un certo dress code!



mercoledì 2 gennaio 2013

Il MESE PIÙ LUNGO


Gennaio è il mese più lungo dell'anno. Freddo e buio, avanza strusciando logore ciabatte. Ha i capelli arruffati e lo sbadiglio impigliato tra i denti.
Forse perchè inizia con le ultime ore del Natale, quando l'adrenalina scema via e lentamente il torpore si insinua su per le gambe.
Sono giorni in cui pian piano gli ormeggi vengono mollati. Aumentano le ore di sonno, pesante e letargico.








Il cibo continua a moltiplicarsi sul tavolo, e solo i bambini sembrano trovare nascoste energie.



Un sole insperato ricarica per poco le batterie, per regalare la forza di mettersi in macchina e tornare a casa.




Ed è un giorno, lento d'attesa.



La sera il vecchio anno prenderà la sua valigia e ci saluterà per sempre.




Per far posto a un anno nuovo, neonato, che come tale succhia energia, dorme spesso e vive in pigiama.


Io mi abbandono a un feroce mal di testa e mi preparo ad affrontare questo lunghissimo e freddissimo mese, che per me è sempre in salita.