mercoledì 23 luglio 2014

DODICI ANNI

Ieri era il tuo compleanno, il cielo prometteva tempeste, ma ogni tanto qualche raggio di sole vinceva il grigio. Alla fine un vento impertinente ha spazzato le nuvole, striando il cielo di rosa e buoni propositi.
La nostra vita con te è diventata molto simile, ogni giorno non sappiamo se ad attenderci ci sarà il sole, una fitta nebbia o una tempesta. Nello stesso giorno ci ripariamo sotto un ombrello, ogni tanto stretti insieme, ogni tanto io sotto una tettoia e tu a prenderti le gocce con il cappuccio tirato in testa e con uno sguardo che non ha capito se essere torvo o lanciare una sfida. Ma poi all'improvviso esce il sole, caldo, caldissimo, e non si può far altro che ridere. E infine viene il tramonto e poi l'ora calma delle stelle, e ancora c'è tempo per tenerti tra le braccia.
Dobbiamo imparare ad amare questo tempo pazzerello come amiamo te, con un amore che cresce ogni giorno, e te lo dico, anche se alzi le spalle e ti schernisci. Perché il meteo sarà sempre più imprevedibile, hai dodici anni amore mio.


sabato 12 luglio 2014

QUEL GESTO...

Fuori è ormai buio, i sedili sono in pelle marrone, le ruote girano veloci, la strada è scura e le cime degli alberi sembrano perdersi nel cielo nero. Sono sdraiata, la giacca a farmi da cuscino, un occhio al finestrino e uno al mondo dei sogni. Conto le curve che mi porteranno a casa, ma non ci azzecco mai.
La mano della mamma si allunga tra i due sedili davanti e lentamente mi accarezza una gamba.
Il sole è alto nel cielo, gli oleandri scandiscono i chilometri dell'autostrada, una striscia infinita di asfalto che si scioglie in inesistenti pozze d'acqua. I capelli sono ancora bagnati dall'ultimo bagno e ondeggiano a un ritmo dettato dai deflettori. Sui sedili il telo da mare ancora umido e addosso nient'altro oltre a un costume da bagno. La mano della mamma raggiungere le gambe dorate dal sole, una breve carezza e un sorriso intuito.
È inverno, la macchina di un colore improbabile si fa strada in una nebbia insondabile, piano, a tentoni. L'atmosfera fuori rarefatta dentro l'abitacolo si fa più tesa. Ma la mano della mamma attraverso le calze di lana, mi fa sentire che tutto andrà bene.
Un semplice gesto che ha scandito infiniti viaggi verso est, brevi tragitti, quasi tutta la mia vita, perché ancora adesso la mano della mamma mi raggiunge quelle volte che sono dietro, intrappolata tra le sei gambe che ho messo al mondo.
Lo stesso gesto che ripeto a mia volta, per calmare, confortare, stringere brevi alleanze, mostrare comprensione, mandare sia baci che ammonizioni. Solo una mano, ma con gli occhi e il cuore dentro.
Un gesto forse universale perché più di una volta l'ho visto in un film, e ogni volta mi sono commossa. 
Non so perché ma mi sembra raccolga tutto l'amore del mondo, anche più di un abbraccio. 
Un gesto che ho appena compiuto, perché siamo in macchina.
Noi andiamo al mare, ciao.

lunedì 7 luglio 2014

STAPPATA

Di Patasgurzo ho un vago ricordo. Il salotto giallo, il divano di legno che ora è il suo letto, fuori grigio umido. La molla che scattò non so quale fu, il ciuccio lo portava poco, ma ancora veniva messo tutti i giorni nell'armadietto dell'asilo. Però quel giorno abbiamo, sì insieme, deciso che era ora di liberare il ciuccio, che voi forse non lo sapete, ma non è altro che un pesciolino in fieri, che quando ha finito il suo lavoro con un bambino non vede l'ora di essere liberato nell'acqua e tornare a guizzare felice. Allora siamo usciti e abbiamo gettato il ciuccio nel lago, la fata che dorme sul fondo, lo ha subito ritrasformato e lui è nuotato via senza un rimpianto, senza voltarsi indietro. Anche Patasgurzo non ha avuto un attimo di rimpianto, non si è voltato indietro, e ha potuto scegliersi il regalo che preferiva. Non ricordo quale fosse, ma ricordo che fu una cosa piccola e sorprendentemente economica. Mi era andata bene.
Di Patasgnaffa ricordo di più, e non solo perché è successo qualche anno dopo. Fu un filino più drammatico, più ricco di pathos diciamo. Cose che aiutano la memoria.
Era un giorno ancora più grigio e sicuramente più freddo. Anche lei era già alla materna, anche lei metteva il ciuccio nell'armadietto. Verso le due del pomeriggio il telefono squilla e mi dicono che Patasgnaffa è caduta, ha sbattuto contro un calorifero del corridoio (sì, con il paracalorifero) e ha perso uno dei due incisivi.
Ora, alzatevi in piedi ed applaudite la maestra che ha preso il dente, lo ha lavato e rinfilato nella gengiva della fanciulla. Sono passati cinque anni e credo stia tremando ancora, ma è la cosa giusta da fare. Sappiatelo. Un dente tempestivamente rinfilato ha buone possibilità di riprendersi. Se non siete così coraggiose potete conservare il dentino in soluzione fisiologica o nel latte e correre dal più vicino dentista. Cosa che comunque ho fatto io, e così Patagnoma ha vinto una specie di apparecchio che teneva il dente rinfilato lì dove doveva stare per favorirne il rinsaldamento e ha perso il ciuccio, che in quel momento comportava più rischi che benefici. Un pesce nuovo ha nuotato sul fondo del lago e un'orrenda bambola parlante, probabilmente indemoniata, è venuta a vivere con noi.
Patagnoma invece è andata al mare con le nonne, che hanno perso all'autogrill il suo unico ciuccio. Non so se sia vero ma non lo ha più chiesto per tutta la settimana. Considerando che mai mamma mi tolse il ciuccio disegnadoci sopra dei vermi che ancora mi sogno di notte, ho qualche dubbio, ma cercare il pelo nell'uovo non è mia intenzione. Mi è tornata una bambina abbronzata e stappata e tanto mi basta.
Certo a me il ciuccio lo ha chiesto insistentemente le prime sere per dormire, ma complice un nuovo Lego anche questa volta l'abbiamo sfangata.
Ho solo avuto un improvviso lampo di coscienza ecologica e ho deciso che gettare un ciuccio nel lago non fosse poi una bella cosa. E così la fata del lago ha dovuto muovere le sue umide chiappe per venire a ritirare il ciuccio a domicilio, al calar delle tenebre. Bella gioia, si sa che le mamme al terzo giro diventano incredibilmente pigre!